Atti 25

Nuova Riveduta 2006

1 Festo, dunque, giunse nella provincia, e tre giorni dopo salì da Cesarea a Gerusalemme.2 I capi dei sacerdoti e i notabili dei Giudei gli presentarono le loro accuse contro Paolo;3 e con intenzioni ostili lo pregavano, chiedendo come un favore, che lo facesse venire a Gerusalemme. Essi intanto avrebbero preparato un’imboscata per ucciderlo durante il viaggio.4 Ma Festo rispose che Paolo era custodito a Cesarea e che egli stesso doveva partire presto.5 «Quelli dunque che hanno autorità tra di voi», disse egli, «scendano con me, e se vi è in quest’uomo qualche colpa, lo accusino».6 Rimasto tra di loro non più di otto o dieci giorni, Festo discese a Cesarea; e il giorno dopo, sedendo in tribunale, ordinò che Paolo gli fosse condotto davanti.7 Quando egli giunse, i Giudei che erano scesi da Gerusalemme lo circondarono, portando contro di lui numerose e gravi accuse, che non potevano provare;8 mentre Paolo diceva a sua difesa: «Io non ho peccato né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».9 Ma Festo, volendo fare cosa gradita ai Giudei, disse a Paolo: «Vuoi salire a Gerusalemme ed essere giudicato in mia presenza intorno a queste cose?»10 Ma Paolo rispose: «Io sto qui davanti al tribunale di Cesare, dove debbo essere giudicato; non ho fatto nessun torto ai Giudei, come anche tu sai molto bene.11 Se dunque sono colpevole e ho commesso qualcosa da meritare la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle cose delle quali costoro mi accusano non c’è nulla di vero, nessuno mi può consegnare nelle loro mani. Io mi appello a Cesare».12 Allora Festo, dopo aver conferito con il Consiglio, rispose: «Tu ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai».13 Dopo diversi giorni il re Agrippa e Berenice[1] arrivarono a Cesarea, per salutare Festo.14 E poiché si trattennero là per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: «Vi è un uomo che è stato lasciato in carcere da Felice,15 contro il quale, quando mi recai a Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei sporsero denuncia, chiedendomi di condannarlo.16 Risposi loro che non è abitudine dei Romani consegnare un accusato prima che abbia avuto gli accusatori di fronte e gli sia stato dato modo di difendersi dall’accusa.17 Quando dunque furono venuti qua, senza indugio, il giorno seguente, sedetti in tribunale e ordinai che quell’uomo mi fosse condotto davanti.18 I suoi accusatori si presentarono, ma non gli imputavano nessuna delle cattive azioni che io supponevo.19 Essi avevano contro di lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesù, morto, che Paolo affermava essere vivo.20 E io, non conoscendo la procedura per questi casi, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme e là essere giudicato intorno a queste cose.21 Ma siccome Paolo aveva interposto appello per essere rimesso al giudizio dell’imperatore, ordinai che fosse custodito finché non l’avessi inviato a Cesare».22 Agrippa disse a Festo: «Vorrei anch’io ascoltare quest’uomo». Ed egli rispose: «Domani lo ascolterai».23 Il giorno seguente, dunque, Agrippa e Berenice giunsero con gran pompa, ed entrarono nella sala d’udienza con i tribuni e con i notabili della città; e, per ordine di Festo, fu condotto Paolo.24 Allora Festo disse: «Re Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi, voi vedete quest’uomo, a proposito del quale una folla di Giudei si è rivolta a me, in Gerusalemme e qui, gridando che non deve più restare in vita.25 Io però non ho trovato che avesse fatto qualcosa meritevole di morte, e poiché egli stesso si è appellato all’imperatore, ho deciso di mandarglielo.26 Siccome non ho nulla di certo da scrivere all’imperatore, l’ho condotto qui davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché, dopo questo esame, io abbia qualcosa da scrivere.27 Perché non mi sembra ragionevole mandare un prigioniero senza rendere note le accuse che vengono mosse contro di lui».